Galati Mamertino sui Nebrodi, paese Covid free cerca il rilancio con e-commerce e ospitalità

Galati Mamertino e-commerce

Da 3.127 abitanti del 2001 a 2.408 di cui 864, il 35%, con oltre 60 anni di età. Questa è l’evoluzione della popolazione di Galati Mamertino, in provincia di Messina, un centro nel cuore dei Nebrodi. E non è di certo colpa di epidemie come il coronavirus: in vent’anni questo centro ha avuto un calo del 25 per cento di abitanti. L’ultima emergenza sanitaria, infatti, è stata affrontata così bene dalla popolazione da far pensare a qualcuno, non senza una punta d’azzardo e sano campanilismo, che si possa essere davanti a un “modello Galati”: un esempio per tutta la Sicilia.

Nella realtà “normale” di tutti giorni, invece, l’antica Qal’at (dall’arabo, “rocca”), come buona parte dei paesi siciliani più lontani dalle coste, rischia di morire a causa dell’assenza di lavoro e prospettive per il futuro. Probabilmente la rete mondiale, in un mondo sempre più digitale e di scambi economici senza frontiere, può far ribaltare la tendenza all’abbandono di questi centri carichi di storia e di consuetudini. Forse non basterà, ma è una delle strade che gli abitanti di Galati Mamertino sono ben disponibili a percorrere. Ecco come e perché e, soprattutto, con l’aiuto di chi.

L’esperienza Coronavirus: da 157 positivi a “Galati Covid-free

“Essere radunati all’improvviso in uno spiazzo per i tamponi di massa, a 500 unità per volta, con gli anziani ad aspettare al freddo, in piedi, ha fatto paura a molti”. Lo racconta Luciano Armeli, scrittore e docente delle scuole superiori. Immagini che quasi ricordavano “la tragica storia del Novecento”. L’ultima emergenza vissuta dal paese del messinese era stato uno sciame sismico nel 2011, ma nulla di paragonabile ad un focolaio epidemico.

Galati Mamertino, insomma, se l’è vista brutta. Ma “le ordinanze sono state rispettate da tutti”, spiega ancora Armeli. Il 13 ottobre, giorno di inizio della zona rossa, c’erano 157 positivi. Il 5 dicembre, a nemmeno due mesi di distanza, zero.

Certo, però, è che non è stato facile. L’USCA, Unità speciale di continuità assistenziale, creata appositamente dal governo regionale per contenere il covid, non si sarebbe attivata subito.

“Uno dei nostri medici era di recente andato in pensione, la guardia medica era attiva solo nei giorni festivi, e mancava un’ambulanza sul territorio” spiega Nino Serio, pensionato che da anni ormai pubblicizza e promuove la tutela delle bellezze del territorio galatese attraverso i social. “Poi ci hanno mandato l’ambulanza per gestire l’emergenza, ma senza personale medico a bordo”.

Un colpo pesante anche per le aziende locali, che dipendono molto dalla vendita ai turisti e abitanti dei paesi limitrofi. E “Siamo una popolazione troppo piccola per poter attivare con successo servizi di asporto o domicilio”, racconta Carolinda Emanuele del ristorante “La Falda”. Per venire incontro alle difficoltà causate dalla chiusura, l’amministrazione comunale ha annunciato attraverso la sua pagina Facebook “misure economiche a sostegno di famiglie e imprese atte a rimettere in moto efficacemente la nostra comunità”.

Tutti concordano su una cosa: la popolazione si è unita, nonostante le questioni politiche interne che animano la comunità galatese. Ora, però, tocca pensare al futuro. E non si può più pensare di dividersi di nuovo, a questo punto.

La ripartenza: Galati Mamertino e-commerce?

“L’unica soluzione per ripartire è lavorare in sinergia e cooperare” racconta Pino Drago, imprenditore e chef del ristorante “Degusto”. Un’idea condivisa da molti e che in un territorio come questo potrebbe avere parecchio successo.

Perché a Galati Mamertino si concentrano tante bontà. Non a caso, ne parlano anche i detti popolari: “Mirtu, Frazzanò, Galati e Lonci su li quattru paisi di li funci”. Tant’è che, ad appena qualche chilometro di distanza, nel diciassettesimo secolo il mirtese padre Francesco Cupani aveva condotto studi di micologia, diventando uno dei più celebri botanici siciliani del tempo.

Ma i funghi sono solo una delle bontà locali. Il suino nero dei Nebrodi, il tartufo, il miele, le nocciole, sono tutti prodotti tipici apprezzati anche all’estero. Tant’è che aziende come quella di Giacomo Emanuele, “Emanumiele”, spediscono non solo ad esercenti locali, ma anche in Giappone.

Eppure, nonostante tutto, non si è mai riusciti a creare una filiera che funzionasse, un sistema collaborativo che andasse a favore delle imprese della zona. Ma simili incongruenze non sono così rare a Galati. Un salumificio, la cui costruzione era stata finanziata con fondi europei per la produzione di prosciutti di suino nero dei Nebrodi, dopo essere stato utilizzato per anni da un’azienda della zona è stato abbandonato ed è tuttora fermo.

In Sicilia, però, esistono dei casi in cui, attorno a un singolo prodotto locale, spesso riservato a una clientela di nicchia, si è creato un intero mercato al dettaglio che è andato ben oltre i limiti del negozio di paese. Ne è esempio il cioccolato di Modica, oggi con certificazione IGP, tutelato da un consorzio nato nel 2003 e che raggruppa 20 produttori locali.

Ancora più esemplare il caso del pistacchio di Bronte (e oggi quello di Raffadali, per il quale è stato richiesto il riconoscimento all’Unione Europea). “Fino a quarant’anni fa nessuno conosceva il pistacchio di Bronte”, ricorda Nino Serio, “Ed oggi invece le aziende di quella zona preparano pacchi da spedire in tutto il mondo”. Una nota di amarezza, al pensiero che una cosa simile non si è ancora riuscita a creare a Galati. Anche perché in zona si potrebbero produrre nocciole e derivati, ma il prezzo di vendita finale non permette di coprire le spese di produzione.

Non è stato fatto altro che un’operazione di branding e re-branding di prodotti spesso già esistenti. In poche parole, si è puntato molto su pubblicità, identità aziendale e fidelizzazione dei clienti, fino a creare qualcosa di (apparentemente) unico e, soprattutto, ben riconoscibile.

Una cosa che forse manca alle aziende galatesi, che puntano molto sulla vendita al negoziante e spesso si limitano a fare commercio al dettaglio all’interno del negozio di paese. E finora è bastato così, perché tutto ciò che viene prodotto viene effettivamente rivenduto, nonostante si tratti spesso di prodotti ancora di nicchia. Il che rende l’idea di inserirsi all’interno di questo mercato ancora più appetibile, considerando anche che l’acquisto di immobili nella zona è molto conveniente e aiuterebbe a recuperare le case abbandonate, che ormai costituiscono quasi metà degli edifici del paese.

“Ci sono tanti giovani che tornerebbero volentieri a Galati, se ci fosse lavoro”, spiega Nino Serio. Le occasioni a livello imprenditoriale, però, ci sono. Il problema sono gli investimenti che vanno fatti in loco, e il fatto che impegnarsi in progetti così complessi oggi come oggi è difficile, dopo il coronavirus. “Bisogna trovare dei modi per convincere i giovani a fare impresa sul territorio”, aggiunge Pino Drago, “E in realtà oggi ci sono dei fondi e progetti sia a livello regionale che europeo. Galati, poi, ha più di 1000 ettari di terreno che possono essere forniti a chi vuole lavorarli”.

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Una “montagna” di idee e il turismo senza servizi

Oltre alla produzione locale, a Galati c’è davvero una “montagna” di idee che potrebbero attrarre turisti anche nel corso dell’emergenza covid. Se i musei e le chiese diventano zone a rischio assembramento, nel territorio ci sono grandissime opportunità di turismo naturalistico.

“Raccontiamo spesso ai nostri clienti delle cascate del Catafurco, tant’è che spesso tornano la settimana dopo per fare una passeggiata nella natura”, spiega Carolinda Emanuele. Gli itinerari naturalistici della zona sono un vanto per la popolazione locale. “Qui c’è il bosco di Mangalaviti, la dorsale dei Nebrodi, il lago Trearie. Il problema, però, è che non ci sono servizi” chiarisce invece Nino Serio, che spesso si sposta per fare foto e promuovere la bellezza del territorio. L’ufficio turistico di Galati Mamertino, infatti, è chiuso la domenica, quando si concentra buona parte del turismo (che è soprattutto locale).

Altro esempio di turismo “all’aria aperta” è, invece, l’allevamento gestito da Giacomo Emanuele. Oltre alle api, infatti, il creatore di “Emanumiele” ha acquistato diversi capi di bestiame autoctoni. Con un caldo invito a visitarli e conoscerli per scuole e famiglie, covid permettendo. Una sorta di fattoria didattica speciale, perché legata alla tutela del territorio. “Ci sono caprette girgentane, asini ragusani, cavalli sanfratellani, suini neri dei Nebrodi”, racconta l’imprenditore. Con gli asini, ad esempio, si potrebbero fare escursioni speciali, perché memori di una storia locale. E, perché no, fare anche zooterapia.

Se le fattorie didattiche sono sempre più apprezzate come alternativa a zoo e altre esperienze, dall’altro lato il progetto è all’avanguardia anche perché vuole essere quasi una provocazione. “L’idea è anche quella di dire che si può vivere di allevamento anche nel 2020”, spiega, “ma imparando ad esempio a controllare gli animali con il drone”. Forse, allora, a Galati Mamertino il progresso non è poi fantascienza.

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