Perché fare Slow Journalism, ovvero la nuova filosofia del giornalismo

Slow Journalism Chiara Venuto

Uno spettro si aggira per l’Europa (e il mondo), ma non è il comunismo. Cos’è lo Slow Journalism, il nuovo modo di fare giornalismo di qualità per salvare un settore sempre più in crisi.

Cos’è fare Slow Journalism: vendere relazioni, non contenuti

Il “giornalismo lento” non vuole più vendere contenuti fini a sé stessi, ma relazioni, storie. Insomma, materiale che continui ad avere valore per le persone anche dopo diverso tempo dalla sua pubblicazione.

Una risposta quindi a un mondo sempre più segnato dalla fretta ed eccessiva semplificazione delle breaking news, una realtà utile e senza dubbio necessaria, ma che non può più essere dominio principale delle fonti di notizie.

Slow News, il primo progetto italiano di “giornalismo lento”

Sul sito di Slow News, Alberto Puliafito (il direttore del progetto) scrive:

“In realtà, per noi è qualcosa di molto di più di una sottocultura: è una risposta alla crisi del giornalismo tradizionale. È un recupero del giornalismo come servizio alle persone. È un riconoscimento del prodotto giornalistico come contenuto relazionale, secondo un principio che riteniamo molto importante “vendiamo relazioni”, non contenuti. Questo significa che fare slow journalism è, prima di tutto, un modo per recuperare le buone pratiche del giornalismo. Poi un modo per adattarle al mondo digitale. Infine, un modo per innovare il giornalismo.”

Alberto Puliafito, “Slow News”

Le caratteristiche dello slow journalism

Sempre sul sito di Slow News, dove è possibile trovare ulteriori informazioni in merito al movimento o sottocultura – che dir si voglia – è possibile trovare un’esaustiva lista delle principali caratteristiche dello slow journalism. Qui se ne trova copia:

  • verifica delle fonti
  • racconto accurato dei fatti
  • scelta accurata e ragionata del materiale da pubblicare
  • approfondimento
  • indipendenza dall’agenda delle breaking news
  • approccio laico agli argomenti trattati (senza pregiudizi)
  • se si parte da una tesi, questa va confermata o confutata a seconda di quello che la realtà offre allo slow journalist
  • approccio analitico agli argomenti trattati
  • applicazione delle tecniche narrative non inquinate dall’emotività tipica dell’infotainment, ma senza rinunciare alla bella scrittura, anzi, cercando di portare lettrici e lettori dall’inizio alla fine di un pezzo
  • modello di business basato su leve alternative al mercato dell’advertising legato alla quantità delle impression, e ricerca di nuove leve per monetizzare: eventi dal vivo, donazioni, sottoscrizioni da parte dei lettori, forme di membership (che è diverso dal fare campagne abbonamenti e poi trattare gli abbonati come persone che poi ricevono il “giornale”)
  • contenuti pubblicati quando sono pronti e non quando si deve
  • contenuti che si occupano del merito delle cose
  • contenuti che si occupano degli argomenti fondativi e non dell’eccezione (un giornalismo che parli del clima che cambia, non del tempo che fa)
  • contenuti serializzabili, che si possono leggere oggi o fra un anno
  • contenuti che danno alle persone valore aggiunto

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Il curriculum vitae di Chiara Venuto