Agricoltura indoor, possibile soluzione alla siccità

esempio agricoltura indoor

Bisogna trovare un modo per fare agricoltura anche in caso di siccità. È la realizzazione a cui il cambiamento climatico e il riscaldamento globale sembrano condurci. Ma ci sono delle soluzioni al problema. Una di queste è l’agricoltura indoor. Una realtà che vuole innovare ed ha diversi vantaggi, ma che deve ancora lottare contro la burocrazia italiana.

Quali sono i modi per coltivare al chiuso

Tra le metodologie che si stanno sviluppando in Italia in quest’ambito ci sono il fuorisuolo e il vertical farming. Per quanto riguarda il fuorisuolo, è una tecnica che rimuove il terreno agrario come base di crescita e fonte di nutrizione della pianta. I nutrienti vengono, invece, ricavati da una soluzione nutritiva.

Questo metodo, secondo chi lo sviluppa e lo pratica ogni giorno, permetterebbe di evitare processi di perdita dei nutrienti e dell’irrigazione a causa delle peculiarità inattese del sottosuolo, in questo modo permettendo alla pianta di massimizzare il suo uso di acqua e fertilizzanti. Tra i nomi con cui sentiamo più spesso parlare di queste coltivazioni c’è “idroponica”, ovvero i casi in cui il mezzo di sostegno delle piante è solitamente l’acqua (oppure delle strutture artificiali, come per l’aeroponica). Queste piante, però, possono anche trovarsi in substrato inorganico oppure organico.

Il vertical farming, ovvero la coltura verticale, è un modo per coltivare piante – appunto – verticalmente. In sostanza, mediante l’utilizzo di varie tecniche si riesce a far riprodurre le condizioni di crescita delle piante ma con un impiego ben minore di spazio orizzontale.

I vantaggi in vista di altre siccità

L’agricoltura indoor ha una serie di vantaggi. Per cominciare, già la possibilità di poter produrre un determinato prodotto in qualsiasi luogo e vicino all’acquirente è sicuramente utile. Anche perché la pratica non causa inquinamento acustico e può essere fatta anche in città.

Un altro fattore, molto importante nel periodo di siccità che stiamo vivendo, è quello di minore impiego di risorse. Come spiega Thomas Abrosi della startup Ono Exponential Farming al Sole24Ore, “l’impiego di acqua è pari a solo il 2% rispetto a una coltivazione tradizionale”. Una vera rivoluzione, se si pensa ai disastri causati sia dal caldo che dalle condizioni meteo molto violente, come le grandinate di questi anni. L’acqua, tra l’altro, può poi essere persino riutilizzata.

Meno risparmio, invece, nell’ambito energetico. L’elettricità, infatti, costituirebbe il 30% dei costi produttivi secondo quanto spiegato da Stefania De Pascale nell’intervista. Problema che potrebbe essere risolto, però, con l’impiego di fonti rinnovabili e di strumenti a risparmio energetico.

Il vero problema dell’agricoltura indoor: la burocrazia

Al di là dei costi dell’elettricità, il vero problema delle coltivazioni indoor è la burocrazia. Se si cercasse di capire quante startup e PMI innovative agritech del genere operino sul suolo italiano ad oggi, infatti, si avrebbero una serie di problemi. Primo tra tutti, appunto, l’assenza di un censimento di queste realtà.

Ad oggi, infatti, soltanto alcune regioni si sono mosse o si stanno muovendo per dare un riconoscimento legislativo a queste coltivazioni. La prima tra tutte la Lombardia, che già ad ottobre ha fatto una legge dedicata. Interessate anche Campania, Marche e Veneto. A livello nazionale, invece, è stata realizzata una bozza di Decreto interministeriale che, però, dovrà passare sotto lo scrutinio dell’Ue.